RAFFAELE D'AMBROSIO

RAFFAELE D'AMBROSIO
Raffaele, l'ultimo spazzino

«Fischietto d’oro», così lo chiamavano, se n’è andato. Se l’è portato via la stessa malattia che, un po’ di anni fa, gli aveva strappato, anzitempo, la scopa di mano. Faceva il netturbino Raffaele D’Ambrosio. Minuto, distinto, trascinava il suo carico quotidiano con leggerezza unica. Quasi invidiabile. Guidava a mano il suo veicolo a due ruote, appoggiandolo qua e là, sulla strada non ancora esasperatamente regolamentata da sensi unici e divieti. Ancora a misura d’uomo. Faceva il porta a porta, annunciandosi col suo fischietto limpido, discreto.
Raccoglieva rifiuti, Raffaele. Ma faceva altro. Scopa e pala sempre pronte, raccontava il giorno tra una chiacchierata e un commento. Uno sguardo al cielo e un altro al suo carretto con contenitore zincato itinerante, Raffaele D’Ambrosio raccoglieva e scambiava umori. Con l’amico calzolaio, interista come lui, o con il barbiere di fronte: botteghe con l’uscio spalancato sulla strada. Oppure con la signora in ritardo nella consegna giornaliera e, in simultanea, con il passante sul marciapiede più lontano, intento a salutarlo. Parlava, parlava, Raffaele. In italiano perfetto, cadenzato, a tratti, quando ci voleva, spruzzato di vernacolo. A volte in sosta prolungata su sillabe ribelli. Parlava del suo tempo e di calcio. Coniugato in nerazzurro, naturalmente. Con l’ultima partita e la successiva racchiuse tra un sacchetto depositato e un trillo-promemoria: un attimo, recuperi compresi.
Il morbo s’annunciò nelle mani, con fremiti inequivocabili. Poi prese il sopravvento, e Raffaele lasciò scopa e strada, carretto e fischietto. Smise la tuta blu. Ma ha continuato a lungo a raccontare il giorno a quanti, passando dalle sue parti, condividevano nerazzurro e quotidianità: lo scudetto sempre lontano o la gioia per il nipote campione di pizza acrobatica in terra di Romagna. Arrivarono giornate sempre più lunghe e sfibranti e a lui, affacciato alla finestra al piano rialzato di via Cesare Battisti, amorevolmente seguito dalle due figlie e dalla moglie Lucia, non rimaneva che aspettare. Raffaele D’Ambrosio, netturbino, se n’è andato alla vigilia della Befana, a 69 anni. A cavallo di una scopa.
(Francesco Romano)
(Archivio / La Gazzetta del Mezzogiorno, 6 gennaio 2005)
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